
Intervistato dal giornale israeliano "Haaretz", Sulzberger, ha infatti affermato di avere dubbi sul fatto che tra cinque anni il Times venga ancora stampato, aggiungendo di star vivendo attualmente col suo giornale una fase di transizione, che troverà come naturale sbocco, la diffusione del quotidiano unicamente online. «Il New York Times è nel mezzo di un viaggio» - spiega - «che finirà quando la società smetterà di stampare il giornale. Quella sarà la fine della fase di transizione». Sulzberger, si sta facendo da qualche tempo portatore di un processo, già avviato, che ha portato a fondere di recente i desk redazionali del giornale stampato e di quello online. Non nasconde che il motivo principale di questo trasloco è il fattore economico. «Viviamo nel mondo di internet» - ammette - «e i costi della diffusione online non sono assolutamente paragonabili a quelli dell'edizione stampata: l'ultimo grande investimento che abbiamo fatto sulla stampa, non ci è costata meno di un miliardo; mentre l'ampliamento e il potenziamento dei siti non arriva a queste cifre. Internet è un posto meraviglioso e su questo terreno noi siamo davanti a tutti». Il sito nytimes.com conta attualmente 1,5 milioni di lettori al giorno, contro l'1,1 milioni di abbonati alla versione cartacea. E considerando il trend, la forbice tenderà ad aumentare. Da qui la decisione di trasferire gradualmente il noto giornale americano in rete. Ad ogni modo, Sulzberger a scanso di equivoci chiarisce: «Chi vorrà leggere il NYT online dovrà pagare».
Il "New York Times" non è tuttavia il primo quotidiano a muoversi in tale direzione. Anche se meno illustri, vi sono altri esempi. Lo svedese "Poit" (Post och Insikes Tidnigar) è uno di questi. Questo quotidiano è il più antico del mondo: nato nel 1645 per volere della regina Cristina di Svezia per giustificare l'incremento delle tasse legate alla Guerra dei Trent'anni. Col passare del tempo, sulle sue colonne, accanto alla sua funzione iniziale di rendiconto delle spese dello Stato, apparvero le prime notizie vere e proprie di taglio internazionale, bollettini meteo, poesie, romanzi d'appendice oltre all'andamento dei tassi della corona svedese. Eppure, dopo oltre trecentocinquant'anni di storia, proprio all'inizio del 2007, è scomparso dalle edicole, per rimanere in vita solo nell'edizione online. Un'altro esempio ancora, è fornito dal gruppo editoriale francese "Lagardère". Quest'ultimo, uno tra i più grandi in Francia, con capitalizzazione in borsa di 8,5 miliardi di euro, ha annunciato un'accellerazione degli investimenti online. Con un piano di ristrutturazione che prevede il taglio del 7-10% della forza lavoro, Lagardère conta di aumentare dall'1% al 5-10% entro il 2010 i ricavi derivanti dall'editoria digitale, a scapito dell'editoria tradizionale dove chiuderà numerose riviste.


Sulzberger ha affermato di non temere la competizione con i bloggers: «Ci sono milioni di blogger là fuori - replica l'editore americano - e se il Times si dimentica chi e che cos'è, perderà la guerra, e a ragione. Noi siamo coloro che lavorano le notizie: la gente non clicca sul New York Times per leggere i blog. Cerca piuttosto notizie attendibili che siano state verificate». Speriamo che anche in Italia si possa constatare questa mentalità sportiva di competizione... Non scendere in Internet, nonostante questa trasformazione globale dei quotidiani, significherebbe aver la coda di paglia. E voler continuare a spacciarsi per gli unici custodi di notizie attendibili, senza però scendere dal piedistallo e mettersi in concorrenza con l'informazione libera di Internet. E questo magari per il diritto di veto dei partiti che egemonizzano l'informazione oggigiorno: fa paura calarsi in un mondo in cui le informazioni che vi trovi in ognidove, non hanno né controllo né censura. Cosa che oggi viene da loro praticata selvaggiamente sia per i media cartacei che per quelli televisivi.
Avanti "New York Times"! Contro l'Ancient Régime dell'informazione: Libertè, egalitè, Internèt.
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