Quando si parla di condizionamento
main-stream nei confronti dei
partiti, o almeno quando lo faccio io, intendo il regime di imbottigliamento e coercizione
psicologico cui è soggetto l’elettore nel momento in cui questi è chiamato (anche)
a darsi un’identità esprimendo il suo (s)favore rispetto ai due contendenti
tradizionali. Per es. in Italia la dualità Pci-Dc, Forza Italia-Pds, Pd-Pdl. O l’universo bipolare in genere, es.
Ulivo-Casa delle Libertà – pur tenendo presente che anche in questo emergono
forze partitiche che si distinguono chiaramente. I fattori di condizionamento
nei confronti delle due forze in
campo sono in genere il loro consolidamento storico (diretto/ereditario), la
loro capillarità territoriale, la visibilità mediatica di cui dispongono, nonché
gli immancabili inviti al voto strategico sotto tornata elettorale (=hai
un’unica possibilità di determinare il futuro del tuo paese, ed è quella di
votare per uno dei due che se la sta giocando). L’ipotesi che sta sotto, tutt’altro
che infondata, è che la delega sia l’atto pratico della formulazione di un
giudizio sulla base di argomenti deboli, prove secondarie o, peggio ancora, del
tutto non pertinenti. Oppure che sia una manifestazione contro qualcuno
piuttosto che per.
E chi sfugge alla logica main? Beh in questo caso, per come uno
se la può immaginare, il tuo voto è quello di una persona “convinta”, forse ti
ritieni anche una minoranza ispirata e consapevole e sei persino anche un
pelino galvanizzato da quante ne sai. Puoi ritenerti élite che vota i big, uno
dei suoi coalizzati (qualche volta soluzione border-line per il voto utile) o
uno che se ne sta per i fatti suoi. Puoi
votare un partito che rappresenta la riedizione più radicale o più sobria di un
altro, o uno che si pone in rottura con tutti e si definisce anti-sistemico. Puoi
rifiutare i due partiti principali perché
troppo morbidi sulle questioni cui dai prioritarie importanze, o perché non le
affrontano affatto. O ancora, per il semplice motivo che hai una genuina
antipatia per chi avrà la possibilità di arrivare al potere esecutivo
(specialmente se, come nel nostro caso, governa sempre in alternanza col
governo uscente o addirittura in tandem): in questo caso il voto può essere
“anti-” nello stesso modo in cui lo è per l’elettore che esprime un voto
strategico. O non necessariamente. Puoi anche rifiutare tutti: le
considerazioni sono analoghe.
Ma chi segue la terza via è tutt’altro
che scevro da condizionamenti: il fatto stesso che si possano rifiutare in modo
pregiudiziale due partiti rappresenta di per sé una conditio di partenza. Se l’accettazione o il rifiuto sono ragionati,
anche in questo caso, esistono molte influenze recepite passivamente da chi pur
si ritiene attento, consapevole e sgamato. Può bastare l’opinione di una
persona che si stima profondamente per rimettere in discussione la propria, od
un giornale di cui si condivide la linea editoriale per rivedere una situazione
che, forse, in principio, pur in buona fede, si ha male interpretato (o forse no!).
Ci si può orientare in modo analogo e contrario anche a partire dalle posizioni
di chi a priori si rigetta totalmente. Queste sono facilitazioni sommarie di
cui disporre in condizioni di profondo buio. In ogni caso occorrerebbe
stabilire che la prudenza non è mai troppa e che la regola sia – sempre – di
tenersi alla larga da appiattimenti di sorta. Il problema è ancor più evidente
quando dietro ad una scelta alternativa c’è una retorica uguale ed inversa a
quella/e cui si oppone, che compartimentizza il tuo pensiero e lo imbriglia in
costrizioni. Senza per questo muovere una foglia da quel paio principi
ispiratori intoccabili e sacrosanti. Ma siamo esseri umani e, per fortuna,
tutti un po’ diversi, così come le nostre sensibilità individuali. E’ lecito
accettare compromessi (fino a che punto?), è lecito sbagliarsi. Basta tenere i neuroni accesi ad un livello
almeno minimo. Tutto sommato, evitare di votare zoccole e piduisti potrebbe
essere già un passo.
Buon voto / buon non voto.
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