Residui di una Magna Graecia mai scomparsa. Comunità che nel corso degli anni hanno conservato una identità storico culturale tutta loro, nonostante un accerchiamento linguistico-culturale «alieno». E' stato il glottologo e filologo tedesco Gerhard Rohlfs (1892-1986) a riportare alla ribalta questa splendida realtà. L'«archeologo delle parole», come fu in seguito ribatezzato, contribuì molto alla salvaguardia di questa lingua. «Glossa» caduta nell'oblio per molti anni, ed ignorata sia in Italia che in Grecia. Discussa, è comunque la sua origine. Alcuni ritengono sia un'evoluzione diretta del greco parlato nella Magna Graecia in periodo ellenistico (ne sarebbe prova il fatto che presenta parole che oggi in Grecia sono sconosciute o scomparse, di probabile estrazione greco-dorica); altri credono sia un dialetto di derivazione greco-bizantina, diffuso in seguito all'immigrazione massiccia dell'VIII secolo, quando le campagne militari dell'imperatore Basilio I costrinsero all'esodo numerose popolazioni dell'area greco-bizantina.
Il Greco-vutano, così come il Grìko, vengono menzionati da «Ethnologue» come dialetti del greco moderno. Ed in effetti apparentemente potrebbe anche sembrarlo. In realtà però la catalogazione è riduttiva per la storia di questo idioma. Nella Bovesia e nella Grecia Salentina, «la lingua, nel tempo e a causa della notevole distanza dalla madrepatria, si è logorata, ha perso quasi interamente i nomi astratti, ha assottigliato il numero degli aggettivi e degli stessi nomi concreti, ha apportato elisioni e scambi di lettere, ha accolto in sé numerosi prestiti da altre lingue e, in particolare, dai dialetti italofoni, dando loro desinenza greca e, per così dire, grecizzandoli, mantenendo, però, vivi alcuni suoni, forme e vocaboli che in Grecia sono andati persi nel corso dei secoli», come si legge in una nota dell'Ufficio minoranze linguistiche - Ministero Interno. Ed in effetti la grecizzazione dei termini italiani c'è stata. Non solo: il processo è stato biunivoco. Contemporaneamente è avvenuta un'italianizzazione della grammatica. E' in questo senso che il greco-vutano e il grìko non è un dialetto ma una splendida lingua ibrida.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati interessanti strumenti didattici di grammatica, sintassi e lessico. Il «grecanico», altro termine per designare questa lingua calabro-salentina senza distinzioni geografiche, si presenta come una lingua semi-greca scritta con lettere latine. I suoni interdentali (Θ, Δ) e velari (Χ, Γ) praticamente scompaiono. La "K" è trasformata sistematicamente in "C". La "S" finale per i sostantivi non appare. Mentre la costruzione della frase è identica all'italiano: Soggetto - verbo - complemento oggetto.
Attualmente il greco-vutano e il grìko sono menzionati nel "Red book" dell'UNESCO come lingue in via di estinzione. L'abbandono progressivo della lingua è dovuto al fatto che essa è stata indicata per anni come una forma "bassa" di espressione tipica delle popolazioni rurali o pastorali ed analfabete. L'emigrazione verso le città ha fatto il resto. Al giorno d'oggi viene parlato principalmente dalla componente anziana della popolazione dei comuni della Bovesia e della Grecia Salentina. Molte iniziative culturali stanno cercando di valorizzare questo patrimonio linguistico per far sì che non si estingua definitivamente. Numerosi sono ad esempio i festival musicali di grecanico che si svolgono annualmente: "O Nostos" a Bova Marina, "Paleariza" a Reggio Calabria e "Notte della Taranta", grande concerto organizzato dai comuni della grecia salentina in cui la locale musica folklorica si ibrida con altre tradizioni ed esperienze musicali.
Proprio la musica deve prendere in mano la situazione. E' il mezzo più potente per raggiungere i giovani disinterassati a qualcosa che loro forse percepiscono come "volgar dialetto". La musica è chiamata a dare un nuovo slancio al grecanico. Far sì che non si estingua. E non posso che non vedere gli "Après la classe" con grande stima, per aver ripreso un brano in grecanico scritto da Domenico Palumbo nel 1854, in una delle loro canzoni: Kalinifta. Così come il "Canzoniere grecanico salentino". E tutti gli altri che si stanno impegnando in tal senso.
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5 commenti:
Salve, Marco. Grazie della tua appassionata nota sul grecanico. Come sai, la mia complice è cipriota, ed io sono nato sulla costa ionica della Calabria, a Siderno Marina. Non sono linguisticamente grecanico, ma sono culturalmente greco: l'architettura, la letteratura, la scultura, la pittura, la filosofia fiorite nel mondo greco antico sono alla base e al vertice della mia educazione. Ci leggiamo.
Caspita ma allora sei nato proprio vicino alla zona di cui stavo parlando (la Bovesia nella fattispecie)! Se la tua complice leggerà quel testo di canzone scritto in grecanico sono sicuro che si divertirà parecchio. Non meno di quanto abbia fatto io, che del greco moderno ho solo una preparazione linguistica parziale e di versione familiar-casalinga. Leggere quel semplice "penseonta" è meraviglioso. Una fusione linguistica coi controfiocchi.
si,fusione linguistica.
Fondere per comunicare, per scambiare, per sentire insieme, per non restare chiusi nel bozzolo, per essere padri e madri dei nostri figli, per innestare i ritmi dei
tresillabi e dei quadrisillabi alla forza del passo,del saluto delle mani, del battito del cuore...fino al sorriso "midiasma" stampato sui curos.
Se xairetà
la complice di Pasquale
siete due bei complici non c'è che dire! sas xairetò
bel post!
Io, che pure sono nato a Reggio Calabria, non ho una tradizione grecanica in famiglia, ma ho appena scoperto che - apparentemente - il mio cognome ha un'etimologia grecanica (o greco-calabrese)
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