Il nuovo anno è iniziato da poco, eppure il grande mondo delle organizzazioni, e soprattutto del marketing, non ha perso nel frattempo l'occasione, in questo esiguo margine temporale, di accollare al 2008 migliaia di epiteti diversi. Così, senza pietà, una mitraglietta: ra-ta-ta-ta-ta! Tanto per gradire, il nuovo anno sarà simultaneamente l'anno "della patata", "della rana", "delle barriere coralline", "del bambino e dell'adolescente con diabete", "dei Poli", "dei servizi igienico-sanitari", "delle lingue" (arabo, cinese, inglese, francese, russo, spagnolo), "del Pianeta Terra", "della navicella spaziale", "dell'astronomia", "del dialogo interculturale", "dei giardini", "degli scout". Avete qualche fondo anche per me tanto che ci siete?!
In Grecia sarà l'anno della Feta. Il tradizionale formaggio da insalatona "choriàtiki" friabile e salato ottenuto con latte di pecora (80%), latte di capra, e caglio (20%). Alcuni studi svolti in ambito gastronomico la fanno risalire a 6000 anni fa. Parrebbe persino presente nell'Odissea di Omero, più precisamente nell'episodio di Polifemo, descritto per l'appunto secondo il mito come l'inventore della feta e più generalmente del formaggio. Il figlio del Dio Poseidone infatti si sarebbe accorto, portando ogni giorno il latte delle sue pecore, che dopo qualche giorno questo diventava solido, commestibile, conservabile: formaggio. Nonostante questo, il nome "Feta" (φέτα) ci riguarda più strettamente di quanto si pensi. L'assonanza l'avranno in effetti notata tutti: non è un caso. L'etimologia originariamente riferita al bizantino "Pròsfatos" (πρόσφατος) è stata smontata. L'attuale nome del formaggio, "Feta", è invece di provenienza italiana, assimilabile al XVII secolo: "fetta". Probabilmente per un analogia con quei tipi di formaggi che venivano tagliati a fette per essere più facilmente trasportabili in casse e botti. La prova del nove è data dal dialetto ellenofono di Cipro, in cui il termine riferentesi al formaggio è tuttora "Fetta". La doppia "T" non è caduta.
Trovata pubblicitaria a parte, il caso della Feta merita un focus tutto suo per le conseguenze "diplomatiche" ed "economiche" che potrebbe avere. L'attuale consumo interno è di circa 100.000 tonnellate l'anno, quello estero di appena 40.000/50.000 tonnellate. Il ministero dell'agricoltura non nasconde l'ambizione: «L'obiettivo è promuovere la produzione all'estero e aumentare in modo considerevole la sua quota nel formaggio bianco», che è complessivamente 700.000 tonnellate. Se non fosse che...
La promozione governativa atta ad aumentare le esportazioni sta recentemente facendo storcere il naso ai vicini bulgari, e rischia di degenerare in una vera e propria guerra casearia, sgambetti e ostruzionismi inclusi. Il governo di Sofia, starebbe infatti valutando l'ipotesi di dichiarare il 2008 "anno del Sirene", il formaggio nazionale molto simile per gusto e forma alla più famosa "Feta", ma decisamente meno conosciuto al mercato internazionale (e soprattutto meno costoso). O almeno questa sarebbe la velenosa perversione lanciata da Julian Popov, un noto giornalista bulgaro che senza andar troppo per il sottile aveva scritto già a Novembre, arricciandosi ben benino: «E' da oltre novant'anni che la Bulgaria non partecipa ad una guerra balcanica. Ora abbiamo un'occasione per rimediare».
La possibilità del danno economico è reale, dal momento che la Grecia si è fatta un po' di nemici in Europa da quando, definitivamente nel 2005, ha ottenuto il diritto esclusivo di produrre la "Feta", con tanto di denominazione controllata. Germania e Danimarca per esempio, i cui ricorsi per la produzione di "Feta-locale" sono stati respinti dall'UE, potrebbero riversarsi nell'importazione di Sirene, con la benedizione di Sofia. La Bulgaria, di rimando, potrebbe finalmente far conoscere il suo prodotto all'estero e guadagnare quella notorietà internazionale che le è sempre mancata in ambito di mercato caseario. E magari concedere anche licenza alla produzione locale. Un bell'affare.
Nel bel mezzo del patetico caos che viene sollevato dalle grandi dispute economiche, (questo caso è uno tra i più chiari esempi che si potessero fare), non è stata considerata la terza possibilità: e se Roma, al termine del parapiglia, decidesse di far ricorso all'UE per il nome, "Feta", di provenienza italiana? Ahi, ahi...
Nessun commento:
Posta un commento