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I tre quesiti abrogativi pendenti sulla legge elettorale Calderoli/Porcellum sui quali gli elettori saranno chiamati a votare il 21 giugno riguardano: 1) l'abrogazione alla Camera; 2) e al Senato della possibilità di collegamento tra liste, così da consentire l'attribuzione del premio di maggioranza alla lista che raccoglie il maggior numero di voti e non più alla coalizione; 3) il divieto di candidarsi in più circoscrizioni elettorali. (TESTO)
La risultante di un eventuale esito positivo delle abrogazioni in salsa simil-maggioritaria, senza dover andare a pescare le leggi di Duverger, sarebbe una forte incentivazione al bipartitismo. Ma ci sono ragioni per pensare che sia un progetto prima culturale e poi politico. Levatisi il fardello delle coalizioni le liste maggiori saranno spinte ad inglobare le forze politiche secondarie (almeno quelle che avranno ambizioni governative) per raggiungere un tetto di voti pari alla maggioranza relativa. Se con le coalizioni però le identità rimanevano almeno visibilmente distinte, la sindrome da Partito-Democratico porterà nel breve-medio termine all'omologazione delle proposte politiche. Il grande progetto di Berlusconi di lasciare in eredità all'Italia un sistema bipartitico stile USA. Progetto in cui si è inserito il Pd sperando di cannibalizzare la scena a sinistra senza tuttavia avere i numeri per arrivare al premio di maggioranza salvo stravolgimenti tra Lega e Pdl dall'altra parte. Un piano già fallito in partenza, una cieca corsa al potere che si strafotte l'Italia. Non a caso l'unica spiegazione al "Sì" data dal segretario del Pd è stata che "bisognava saper rischiare". Appunto, alla cieca.
Se l'operazione fosse meramente politica e il Pdl avesse voluto liquidare la Lega e studiare un sistema che gli avrebbe consentito di governare da solo, avrebbe potuto tergiversare aspettando fine legislatura per accordarsi con il Pd su un sistema a doppio turno. Il Pd da parte sua avrebbe potuto correre per le elezioni aspettando al secondo turno il voto tattico degli elettori alla sua sinistra e alla sua destra. Il monoturno al contrario richiede aggregazione e assimilazione: un giro di vite sulle proposte politiche ed un azzeramento di alternativa. Esempio: quanti elettori Ds avrebbero dieci anni fa immaginato di andare a votare un partito che in campagna elettorale si presenta con manifesti che recitano «Più sicuri. Eccome. Con più agenti sul territorio»? Inoltre, e non secondario, il costruendo bipartitismo aggrava il livello di personalizzazione della politica, processo già innescato dalla riforma elettorale del 1993 (Mattarellum), o meglio «la logica bipolare della competizione elettorale, con il corollario della sostanziale investitura del Presidente del Consiglio, tipica delle cosiddette "democrazie immediate"» (Bin, Pitruzzella).
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I monocolori-Berlusconi non sono ancora finiti. O forse, addirittura, non sono ancora arrivati. Il bipartitismo non c'è ancora, ma il partito unico, quello si muove. Per i suoi costituenti basta sfogliare i nomi del comitato promotore del referendum.
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1 commento:
Come si dice la mamma dei porcelli è sempre incinta meglio'un farci caso e fregarsene tanto ormai si sa come va l'Italia: Na Merda.
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