martedì 25 marzo 2014

società amichevole



In Grecia il 25 marzo ricorre la festa d'indipendenza. In genere è occasione di parate scolastiche (anche in abiti tradizionali) ed è un avvenimento presenziato nei vari comuni dalle autorità politiche. Con l'inizio della Crisi le celebrazioni sono state teatro di contestazioni sempre più frequenti al punto che la parata di Atene si è tradotta in un evento "su invito". Così oggi, Piazza Syntagma è stata circondata da automezzi della polizia che ne hanno vietato l'accesso per garantire la sicurezza dei palchi d'onore.

La vignetta fa riferimento alla distanza che si è venuta a creare tra popolo e circoli di potere. Sullo stendardo compare la scritta "Filikì Eterìa", una società segreta nata prima della guerra d'indipendenza del 1821, letteralmente "Società Amichevole". In piccolo, in allusione alle clausole contrattuali, la precisazione: "verso i creditori".


 

Traduzione:

- Eh toh, ho visto da fuori "Società Amichevole" e mi son detto di entrare a buttare un occhio!!!
- Cosa ti avevo detto? Non leggono mai le scritte piccole, Presidente!




lunedì 16 dicembre 2013

una questione che sfida?


Alcuni lettori ci hanno chiesto cosa ne pensiamo "dell'uso di sfidante nel senso di ‘qualcosa che pone delle sfide’" nelle espressioni obiettivo sfidante o incarico sfidante. Recentemente anche Samantha Gasparelli si è rivolta alla nostra pagina Facebook chiedendo se l’espressione progetto sfidante sia corretta.
Su questo incipit, l’Accademia della Crusca tenta in questo post di analizzare le sfaccettature della parola ed i suoi utilizzi, paventando peraltro una possibile “affermazione nella lingua italiana” del termine, al momento non registrato nei vocabolari.

La premessa è che non è una questione di rigore dottrinale o di purismo linguistico. Nessuno si sognerebbe di dire che ha scritto un articolo sul proprio diario elettronico nell’inter-rete. E anche quando non si tratta di cose o concezioni nate altrove, nessuno si sognerebbe di rinunciare ad un termine prestato da un lingua straniera che arriva dritto al punto, in grado di tagliare ridondanze o perifrasi: tra “che invidiabile aplomb!” e “che invidiabile comportamento disinvolto/controllato/sicuro!” cosa direste?

La questione casomai è che esiste una quantità di parole italianizzate dall’inglese dozzinali e di dubbio gusto. Che la ‘d’ eufonica della congiunzione ‘o’, in confronto, è una raffinatezza. Per quanto si disquisisca sull’integrazione di un termine, ‘sfidante’, cercando di connettere i suoi usi quotidiani al verbo di partenza, ‘sfidare’, rimane un termine tradotto (challenging). E’ una forzatura perché la giustificazione del termine tramite il verbo, sulla base dei significati che assumerebbe nel quotidiano, è un percorso a ritroso. E’ l’imbucata ad una festa in cui non si è stati invitati, oltre che anche la sottomissione dell’italiano. 

Solo nell’inglese ‘sfidante’ assume la gamma di significati che in italiano sono tradotti con impegnativo, oneroso, arduo, gravoso, laborioso, stimolante. Ma indovinate che c’è. Utilizzare ‘impegnativo’ o ‘stimolante’ in italiano non è indifferente, a meno che non assumiate che una cosa impegnativa è per forza stimolante (e viceversa). Il concetto insito al verbo ‘sfidare’ ed al sostantivo ‘sfida’ non ha un’estensione del genere, tutt’al più implica uno scontro, un ostacolo da superare o un problema di difficile soluzione. Per ogni possibile uso – improprio – di ‘sfidante’, esiste una parola più incisiva ed elegante per esprimere il concetto, anziché piallarlo. 

Il che rimanda al fatto che l’evoluzione di una lingua è quella della sua popolazione. Aldilà dei ritmi di vita che forse impongono una comunicazione più veloce rispetto al passato, forse è anche il caso di ricordare che in Italia 3 adulti su 4 si trovano al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura di un testo di media difficoltà. Mentre solo il 20% possiede le competenze minime «per orientarsi e risolvere, attraverso l’uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana». Che è forse il motivo per cui qualcuno potrebbe chiedersi perché 75% e 20% non fa 100%.

venerdì 15 novembre 2013

Punti di vista – dai diamanti non nasce niente

  


Qualche giorno fa mi è capitato di essere tirato fuori allo scoperto, da una conoscente greca, su quale fosse in questa fase la percezione italiana della Grecia. Posto che le avrei anche linkato questo articolo di Margherita Dean se solo l’italiano le fosse stato accessibile, le ho risposto a grandi linee che a chiunque fa comodo avere un paragone al ribasso di questi tempi, e in Italia più che mai, a giudicare dalla veemenza con cui si è sempre ribadito il concetto che “non siamo come la Grecia”, “non faremo la fine della Grecia”, “non ci faremo contagiare”. 

Scongiuri a parte, se la prendiamo come un indicatore di comodo, la parabola politica dei due paesi è del tutto speculare, con l’Italia che segue con un anno di ritardo gli sviluppi ellenici. Dal governo di centrosinistra Papandreou (Pasok) si è passati al governo “tecnico” di Papadimos, appoggiato dai principali partiti di centrodestra e centrosinistra (Nea Dimokratia e Pasok), per poi finire su un governo di “larghe intese” più esplicito (di cui i maggiori azionari sono proprio Nea Dimokratia e Pasok). L’eplosione di Alba Dorata, Greci Indipendenti e soprattutto di Syriza, che di per sé potrebbe essere considerato l’equivalente greco di SEL, non trova esatte corrispondenze sullo scenario politico italiano, ma è in larga parte accomunabile al boom del Movimento 5 stelle. 

Lei è un’attivista di Syriza e vive ad Atene, in un distretto elettorale in cui il partito si è classificato primo con il 34.7% delle preferenze (su scala nazionale è arrivato al 26,9%), distanziando decisamente Nea Dimokratìa, fermatasi al 21.1% (su scala nazionale al 29.6%). Mi ha risposto così:

«Qua è un gran casino, le gente è continuamente fuori nelle strade in scioperi e cortei. In tutta la Grecia esistono decine di reti di solidarietà e occupazione, di sinistra e anarchiche, ed in molte circostanze ci troviamo tutti insieme, nel tentativo di aiutare chi non ha da mangiare, chi necessita assistenza sanitaria, farmaci o qualsiasi altra cosa. 

Mi immagino che queste cose non hanno molta eco fuori dalla Grecia, però è quello che viviamo noi. Creiamo nostre strutture di sostegno per le persone che hanno perso il lavoro e non ce la fanno. Allo stesso tempo, creiamo collettivi di lavoro con presupposti di collaborazione totalmente diversi da quelli che abbiamo conosciuto fino ad oggi. E’ meraviglioso quello che sta succedendo, prendiamo la vita nelle nostre mani, senza datori di lavoro, con rapporti egualitari tra di noi. All’interno di tutta questa catastrofe, nascono cose nuove».  


venerdì 25 ottobre 2013

repetita iuvant




Ma probabilmente non più di tanto.