martedì 27 febbraio 2007

altra energia

«Noi non vogliamo e non possiamo essere al 100 percento dipendenti dal petrolio. Abbiamo un programma di sviluppo economico destinato a un nuovo settore: quello delle fonti di energia rinnovabili ed ecologicamente sostenibili». Chi può aver detto una cosa del genere? Forse il "verde" Bonelli? La parlamentare ex-DS Tana de Zulueta? O il ministro dell'ambiente Alfonso Pecoraro Scanio? NO! Niente di tutto questo... Autore della frase è Sultan al-Jaber, responsabile esecutivo della "Abu Dhabi Future Energy Company", ente statale degli Emirati Arabi Uniti che fa capo all'emirato di Abu Dhabi, il più ricco di petrolio.

Un'affermazione addirittura rivoluzionaria se si pensa che il paese del Golfo Persico ha fatto proprio la sua fortuna grazie alle molte sacche del suo sottosuolo, a profondità ragionevole, contenenti il prezioso idrocarburo. Il progetto annunciato da Sultan al-Jaber, i cui tempi di attuazione sono previsti essere circa 2-3 anni, costerà alle casse dello Stato poco più di 350 milioni di dollari e porterà alla costruzione di una moltitudine di pannelli solari che formeranno una centrale capace di generare 500 megawatt di energia pulita. Secondo le stime, saranno circa diecimila le abitazioni a poter giovare dell'energia solare proveniente da tale investimento.


Il segnale degli Emirati Arabi Uniti è indubbiamente incoraggiante oltreché in controtendenza. L'avvento dell'energia solare derivante da impianti fotovoltaici è stata eccessivamente osteggiata. In primo luogo per i costi di finanziamento: particolarmente danarosi per il materiale semiconduttore che richiedono sono, all'inteno di un complesso fotovoltaico, i pannelli, mentre gli inverter (impiegati per convertire le radiazioni solari in energia elettrica), i quadri elettrici e cavi di collegamento non richiedono eccessivi sacrifici. In secondo luogo a causa dei poteri forti che non possono non girare attorno ad un affare come il petrolio. Al punto da indurre i grandi paesi democratici ad assumerlo come criterio di classificazione principe al fine di progettare l'ordine con cui rovesceranno i regimi dittatoriali sparsi per il mondo. Le "mafie" del petrolio. Next tape: Iran, detentore di un allettante 8,6% sulla produzione totale di petrolio. E chissà che non ci sia tempo per una capatina anche nella Venezuela di Hugo Chavez, dato che trivellano anche loro un interessante 7,5%. Già perchè tolti naturali partner commerciali come l'Arabia Saudita (25,2%), gli Emirati Arabi (9,4%) e il Kuwait (9,3%), e considerando che il grande obiettivo-Iraq è già stato raggiunto (produzione del 10,8%), nel speciale ranking, viaggiano pericolosamente in testa. Sbarazzarsi del petrolio significherebbe anche liberarsi da queste mafiose interpretazioni di politica estera.

Anche se è difficile parlare di rilancio delle fonti d'energia alternative, in Italia qualche segnale positivo di ripresa sta arrivando. E' ad esempio il caso della Puglia di Nicky Vendola, impegnato a rilanciare in tale senso il piano energetico della regione definendolo "progressivo abbandono della dittatura del petrolio". L'idea è quella di sfruttare sole, vento e residui dell'agricoltura, tutte risorse di cui il territorio è ricco. Con la delibera della giunta regionale dell'ottobre scorso, si è dato ufficialmente il via alle "disposizioni e indirizzi per la realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, interventi di modifica, rifacimento totale o parziale e riattivazione, nonchè opere connesse ad infrastrutture indispensabili alla loro costruzione ed esercizio". La Puglia si propone di diventare, anche per la sua posizione geografica favorevole, il sito italiano di eccellenza per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e al contempo per la ricerca sulla produzione dell'idrogeno, da molti ritenuto l'erede del petrolio. Lo studioso americano Jeremy Rifkin si è spinto oltre dicendo che sarà la vera rivoluzione democratica del futuro.



L'Italia sta cercando di recuperare il ritardo che ha accumulato nel corso degli ultimi anni sugli altri paesi europei. Lo sta facendo ad esempio con l'energia eolica in Sardegna e in Sicilia. Ma non basta. Bisogna incentivare, promuovere, informare, fare. Solo gli impianti fotovoltaici sarebbero un grandissimo passo in avanti. Lo fanno con successo persino i tedeschi, grazie alle politiche di forte incentivazione attuate, che hanno fatto in modo di mettere i privati nelle condizioni di poter installare impianti solari. Se ci riesce un paese come la Germania, perchè non dovrebbe riuscirci l'Italia, dato che dispone di condizioni climatico-ambientali ben più favorevoli?! Per non parlare di energia geotermica, dalla quale, un paese sismico come il nostro, potrebbe e dovrebbe ricavarne ben più di quanto non faccia attualmente.

Quale sarebbe in definitiva lo scopo delle decisioni in materia energetica prese dal governo dei sultani del petrolio? Han preso atto che prima o poi la terra ai loro piedi smetterà di spruzzare prezioso liquido nero? O siamo noi che ci ostiniamo a non voler capire che la strada è un'altra?

1 commento:

Anonimo ha detto...

Per la precisione, l'inverter serve per convertire la tensione continua, generata dai pannelli fotovoltaici, in tensione alternata a 220 V, il che consente di immettere in rete l'energia generata e non consumata.