lunedì 12 febbraio 2007

pit stop: cambio del..."supporto"

Il mondo dell'informazione potrebbe cambiare drasticamente nei prossimi cinque, dieci anni. A darci notizia, nella settimana appena conclusasi, di quella che potrebbe essere una vera e propria svolta epocale del sistema mediatico, è Arthur Sulzberger, editore del "New York Times", inutile a dirlo, uno dei più famosi e risonantemente importanti quotidiani sulla faccia della terra.

Intervistato dal giornale israeliano "Haaretz", Sulzberger, ha infatti affermato di avere dubbi sul fatto che tra cinque anni il Times venga ancora stampato, aggiungendo di star vivendo attualmente col suo giornale una fase di transizione, che troverà come naturale sbocco, la diffusione del quotidiano unicamente online. «Il New York Times è nel mezzo di un viaggio» - spiega - «che finirà quando la società smetterà di stampare il giornale. Quella sarà la fine della fase di transizione». Sulzberger, si sta facendo da qualche tempo portatore di un processo, già avviato, che ha portato a fondere di recente i desk redazionali del giornale stampato e di quello online. Non nasconde che il motivo principale di questo trasloco è il fattore economico. «Viviamo nel mondo di internet» - ammette - «e i costi della diffusione online non sono assolutamente paragonabili a quelli dell'edizione stampata: l'ultimo grande investimento che abbiamo fatto sulla stampa, non ci è costata meno di un miliardo; mentre l'ampliamento e il potenziamento dei siti non arriva a queste cifre. Internet è un posto meraviglioso e su questo terreno noi siamo davanti a tutti». Il sito nytimes.com conta attualmente 1,5 milioni di lettori al giorno, contro l'1,1 milioni di abbonati alla versione cartacea. E considerando il trend, la forbice tenderà ad aumentare. Da qui la decisione di trasferire gradualmente il noto giornale americano in rete. Ad ogni modo, Sulzberger a scanso di equivoci chiarisce: «Chi vorrà leggere il NYT online dovrà pagare».

Il "New York Times" non è tuttavia il primo quotidiano a muoversi in tale direzione. Anche se meno illustri, vi sono altri esempi. Lo svedese "Poit" (Post och Insikes Tidnigar) è uno di questi. Questo quotidiano è il più antico del mondo: nato nel 1645 per volere della regina Cristina di Svezia per giustificare l'incremento delle tasse legate alla Guerra dei Trent'anni. Col passare del tempo, sulle sue colonne, accanto alla sua funzione iniziale di rendiconto delle spese dello Stato, apparvero le prime notizie vere e proprie di taglio internazionale, bollettini meteo, poesie, romanzi d'appendice oltre all'andamento dei tassi della corona svedese. Eppure, dopo oltre trecentocinquant'anni di storia, proprio all'inizio del 2007, è scomparso dalle edicole, per rimanere in vita solo nell'edizione online. Un'altro esempio ancora, è fornito dal gruppo editoriale francese "Lagardère". Quest'ultimo, uno tra i più grandi in Francia, con capitalizzazione in borsa di 8,5 miliardi di euro, ha annunciato un'accellerazione degli investimenti online. Con un piano di ristrutturazione che prevede il taglio del 7-10% della forza lavoro, Lagardère conta di aumentare dall'1% al 5-10% entro il 2010 i ricavi derivanti dall'editoria digitale, a scapito dell'editoria tradizionale dove chiuderà numerose riviste.


Trascurando per un attimo l'esempio del quotidiano svedese "Poit", decisamente crollato a livello di tirature negli ultimi decenni, e che per questo, senza il timore di operare ostracismi, possiamo considerare quotidiano minore, gli altri esempi (o propositi) di trasloco dei quotidiani da supporto cartaceo a supporto digitale, sono dettati da scelte che rispondono ad esigenze social-economiche ben precise. Lo stesso Sulzberger è stato di una trasparenza assoluta, in tre passi: a) i costi della versione online sono decisamente minori, b) il fenomeno internet è dilagante, c) i visitatori/lettori della versione online sono in continuo aumento. Nonostante questo aspetto propulsivo delle trasformazioni che prendereanno piega, siamo forse di fronte per la prima volta, ad una prospettiva di cambiamento in cui gli interessi degli imprenditori-editori si possono coniugare indirettamente a quelli dei consumatori. Di fatto le dichiarazioni di Sulzberger sanciscono la fine di un'epoca. Quella dei clientelismi nel mondo dell'editoria, dal momento che, se un giornale dovrà far fronte a meno spese, sarà meno alla ricerca di finanziamenti alieni. Un requisito fondamentale per garantire un informazione libera. E al contempo legherà sempre più inscindibilmente la gente a Internet, assunto nel ruolo di fonte "primaria" di informazione. Un'universo in cui si avrà i quotidiani ufficiali a pagamento da una parte, i quotidiani gratuiti insieme ai giornalisti autonomi e ai bloggers dall'altra. E «a vincere» per usare una bell'espressione di un articolo del "Sole 24 Ore" «sarà il giornalismo; i buoni contenuti trionferanno, chiunque li produca». Ma non solo: l'avvicinamento a Internet fino alla totale migrazione in esso dei quotidiani a tiratura nazionale, non potrà che spingere molte delle persone che non hanno mai avuto confidenza con la rete, a scoprire un mondo nuovo, pullulante di idee, riflessioni, opinioni, che non hanno mai trovato spazio nei canali mediatici tradizionali. Lo scotto da pagare sarà il problema dell'inattendibilità delle fonti. Ma è un rischio che, in rapporto ai vantaggi che si possono ricavare da questo nuovo mondo di "informazione plurima", vale la pena di correre.

Ma ve lo immaginate una trasformazione di questo tipo in Italia?! Un quotidiano non più schiavo di finanziamenti di partiti?! Ed un'Italia che esce finalmente fuori dalla fascia "partially free", in materia di libertà di stampa, nelle classifiche di Freedom House... Il cammino è stato tracciato. La direzione è una sola. La variabile X sarà il tempo di reazione del singolo paese a cogliere e sperimentare l'esempio dell'avanguardia "New York Times". Sulzberger ha fatto una bella mossa con le sue dichiarazioni: lo ha praticamente lanciato nelle bocche di tutti. E i presupposti per cui può non essere solo un bel colpo d'immagine ci sono tutti, perchè le redazioni della versione cartacea con quelle della versione online, come ammesso da lui stesso, si stanno realmente unificando. Ci voleva solo una voce auterovele che confermasse questa transizione dei quotidiani.

Sulzberger ha affermato di non temere la competizione con i bloggers: «Ci sono milioni di blogger là fuori - replica l'editore americano - e se il Times si dimentica chi e che cos'è, perderà la guerra, e a ragione. Noi siamo coloro che lavorano le notizie: la gente non clicca sul New York Times per leggere i blog. Cerca piuttosto notizie attendibili che siano state verificate». Speriamo che anche in Italia si possa constatare questa mentalità sportiva di competizione... Non scendere in Internet, nonostante questa trasformazione globale dei quotidiani, significherebbe aver la coda di paglia. E voler continuare a spacciarsi per gli unici custodi di notizie attendibili, senza però scendere dal piedistallo e mettersi in concorrenza con l'informazione libera di Internet. E questo magari per il diritto di veto dei partiti che egemonizzano l'informazione oggigiorno: fa paura calarsi in un mondo in cui le informazioni che vi trovi in ognidove, non hanno né controllo né censura. Cosa che oggi viene da loro praticata selvaggiamente sia per i media cartacei che per quelli televisivi.

Avanti "New York Times"! Contro l'Ancient Régime dell'informazione: Libertè, egalitè, Internèt.

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