mercoledì 6 agosto 2008

gli spaventapasseri

Leggo da "Il Manifesto" del 3 agosto un interessante articolo a firma di Daniele Di Stefano. Pare che le matricole del Palazzo abbiano qualche problema di timidezza che impedisce loro di svolgere il lavoro per cui vengono pagati dai contribuenti. Non riescono proprio ad inserirsi poveretti. Succubi o incapaci?

Molti di questi nomi li avevo già incontrati analizzando le liste del parlamento del Pd in un precedente post (link), per cui posso dirmi, a scelta, non sorpreso o rassegnato. E' il nuovo che avanza. Così veniamo informati che «dei 101 novizi che dalle ultime elezioni politiche occupano gli scranni del Senato, solo 19 possono vantarsi di aver presentato un proprio disegno di legge. Uno su 5. Nel complesso, da questi neo-senatori alle prime armi che occupano un terzo delle poltrone di Palazzo Madama, sono arrivate 90 proposte su un totale di 900 circa: il loro contributo legislativo personale, chiamiamolo così, non supera quindi il 10%. E non va meglio alla Camera. Le onorevoli matricole sono 231 (il 36% dei deputati). Solo 35 di loro sono state colte dal sacro fuoco della proposta di legge (uno su 6). Per un totale di 93 articolati (e la metà quasi porta la firma di un radicale): il 6%, dunque, dei complessivi 1500 ricevuti dagli uffici della Camera».


Ovviamente, come doverosamente non manca di specificare nell'articolo Di Stefano, «sarebbe un errore pretendere di valutare il lavoro di un deputato esclusivamente da questo. E poi cento giorni sono solo cento giorni, certo. Ma l'intraprendenza legislativa è un indicatore». Così come le assenze. E da questa sorta di operazionalizzazione della bontà del loro lavoro emergono segnali tutt'altro che rassicuranti.


I "nuovi" sono stati reclutati col sistema delle liste bloccate. Collocati dai partiti in posizioni eleggibili sulla base delle proprie referenze, non sulla base delle proprie attività a livello territoriale, non sulla base di un discorso che presupponga meritocrazia. Il dubbio che i nuovi presentati in campagna elettorale siano degli "spaventapasseri", per allontanare le rogne dell'opinione pubblica in periodo caldo (elezioni), diventa certezza quando non si può far altro che registrare l'inoperosità di questi di fronte alla politica dei pochi. Quella sempre molto attiva degli incontri privati tra capi di fazioni diverse (vedi ultimamente incontro a quattr'occhi D'Alema-Fini). E' questo il vero problema, come faceva presente Tabucchi qualche tempo fa. Poche persone si sostituiscono alla Camera e al Senato legificando per conto loro, ed escludendo il processo democratico dal tavolo privato. Per esempio si è potuto constatare come venerdì 1 agosto, il Pd abbia ignobilmente barattato il non-voto sulla mozione-Vizzini, per il conflitto di attribuzioni di poteri contro la Corte di Cassazione in merito al caso Eluana Englaro, con il non-voto del Pdl su un ordine del giorno del Pd con il quale il Senato si impegnerà a riservare una sessione straordinaria «per l'esame e l'eventuale approvazione entro l'anno 2008» di un ddl sul testamento biologico. «Gentlemen's agreement».


D'altronde, «i parlamentari hanno una funzione tecnica che nella maggior parte dei casi è spingere un bottone» [Alessandro Campi]. «Cos'ha prodotto», si chiede Di Stefano, «la candidatura di bandiera, nel Pd, di Massimo Calearo? Proposte di legge, nessuna. Ad oggi. Calearo, peraltro assente ad un terzo delle votazioni in Aula, la firma s'è limitato a metterla sotto le iniziative (tre in tutto) di colleghi di partito. Matteo Colaninno, altra candidatura-simbolo: anche lui assente una volta su tre, anche lui di proposte come primo firmatario neanche l'ombra (17 quelle sostenute come co-firmatario). Per Deborah Bergamini, Pdl, già dirigente Mediaset e Rai, stessa solfa: progetti presentati zero, assente al volo nel 25% dei casi. Daniela Cardinale, Pd, figlia di Salvatore, ministro ai tempi di D'Alema e Amato: zero. E così via: Maria Anna Madia (capolista del Pd nel Lazio, che ha però al suo attivo un'iniziativa di riforma del regolamento della Camera), Fiamma Nirenstein (Pdl), Pina Picierno (Pd, capolista in Campania), il costituzionalista Salvatore Vassallo (23% di assenze al momento del voto), l'ex sindacalista Pier Paolo Baretta (24%), Roberto Morassut (ex assessore capitolino, Pd), l'ex operaio ThyssenKrupp Antonio Boccuzzi (lontano dall'Aula una volta su 5), il portavoce del Family day Savino Pezzotta, Santo Versace, Maurizio Scelli, leader della Croce rossa ai tempi delle due Simone rapite in Iraq (Pdl). E al Senato: il generale Mauro Del Vecchio, Barbara Contini: nemmeno un disegno di legge porta in cima la loro firma. Questo per limitarsi ai vip. Sandra Zampa, capo ufficio stampa del governo Prodi: zero (più il sostegno a qualche collega). Idem Luciana Pedoto (ex segretaria particolare di Fioroni). E come loro i tanti Abelli Gian Carlo, Abrignani Ignazio, Agostini Luciano, Angelucci Antonio, Aracri Francesco... [...] Qualcuno potrebbe pensare di chiamarli fannulloni. Ma forse si stanno solo portando avanti con le riforme: auto-riducendo, di fatto, il numero dei deputati».

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Interessante, come sempre.

Ascolta, leggi i due posts di oggi sul problema di Cipro - e prendi parte attiva.

Ci leggiamo.

Fulmini
www.fulminiesaette.it