Ecco il geniale compromesso: l'amministrazione Bush fornirà agli amici turchi delle informazioni sul collocamento dei guerriglieri kurdi grazie ai suoi aerei-spia. L'intelligence americana sarà, testuali parole, "la chiave per qualsiasi sorta di risposta militare" ai guerriglieri del PKK. In cambio, e qui interviene Dana Perino, addetta stampa della Casa Bianca, la Turchia prometterà una non-belligeranza nel breve termine, e comunque nel peggiore dei casi, andrà al massimo a prendere a colpo sicuro 3-4 leaders del PKK che le danno particolarmente fastidio. «Turkey has a right to defend its people, it has a right to look for its soldiers, and we are asking Turkey, as well, to exercise restraint and to limit its exercises to the PKK. And so far that's continuing to work, but it takes a lot of dialogue and discussions». Insomma è uno scambio di persone. La Turchia non andrà a rompere le balle nello scacchiere geo-politico-petrolifero iracheno, alias americano, e tutti felici e contenti. Erdogan avrà altre tre o quattro personcine da mettere al gabbio con Ocalan, che effettivamente si trova un po' solo da qualche tempo a questa parte (in fondo c'è dell'altruismo nella manovra), ed avrà qualche risorsa idrica e petrolifera in più (vedi "nazionalismi, minoranze e petroldollari").
Geoff Morrell prosegue «We are assisting the Turks in their efforts to combat the PKK by supplying them with intelligence, lots of intelligence», anche perchè, come ricorda, la questione sta indirettamente a cuore anche agli Stati Uniti dato che alcuni "terroristi" del PKK sarebbero nel database "most-wanted" della CIA. L'importante, è che non si vada a cazzo di cane che c'è nostro oil right? Già nostra conta di morti molto elevata e general Sanchez ci ha buttato shit in faccia qualche settimana fa dicendo che siamo incompetenti, corrotti e negligenti. Please be careful.
Pensare che uno dei leader del PKK rifugiati in nord-Iraq ha lanciato l'ennesimo appello ad Ankara affinchè proponga un "piano di pace" che metta fine alla loro battaglia contro lo stato centrale turco. «Chiedo alla Turchia di avere coraggio e di presentare un piano di pace per risolvere il problema» ha riferito Abdel Rahman Chasderchi alla France Press, andata direttamente sulle montagne di Qandil nel Kurdistan iracheno per parlare con qualche esponente del partito dei lavoratori kurdi, dato l'evidente isolamento. Va da sé che Erdogan ha tutti gli interessi per fare orecchie da mercante. A questo punto sorge una domanda: ma l'Iraq? Si è finora sentito parlare di Turchia, USA e PKK. Ma l'Iraq? Non è forse una parte in causa? O volete forse dirmi che le elezioni democratiche tanto osannate in Iraq nel dicembre 2005 hanno prodotto un governo fantoccio servo degli U.S.A.? Talabani non ha aperto bocca. Sì Talabani! Sarà pure un caso: il primo presidente non arabo di un paese arabo, ironie del destino, di etnia curda.
Che scenario: potremmo essere giunti al punto che Bush deve difendere i difesi dal difensore dei suoi interessi al costo di guastare un po' i rapporti con Ankara. E che per salvare capre e cavoli si inventi quel divieto di belligeranza nel "breve-termine" che non significa assolutamente nulla in termini oggettivi. Tutto potrà succedere.
La saga continua. Ancora, prossimamente sui vostri schermi.
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2 commenti:
grazie del commento al mio post su controcopertina!
per quanto riguarda la crisi turchia-iraq, tutto quello che sta accadendo mi ricorda in maniera inquietante un vecchio modo di fare (e di preparare) una guerra: parate militari ai confini, reciproche provocazioni e manifestazioni di forza. come durante le guerre di indipendenza e le guerre mondiali. brutto segno.
vero... Camillo Benso fa scuola
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